Dimitar Peshev

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L'albero di Dimitar Peshev

Gabriele Nissim
Berlino, 21 marzo 2000



Al Museo di Yad Vashem a Gerusalemme, nel luogo più significativo della memoria della Shoah, alcuni uomini come il ministro dell'educazione Benzior Dinur, il presidente della corte costituzionale Moshe Landau, il giudice Moshe Bejski, hanno avuto l'idea straordinaria di costruire un grande giardino per ricordare quanti, a rischio della propria vita, si prodigarono per salvare gli ebrei dallo sterminio nazista.
Per ognuno di questi uomini - che furono definiti con il termine di "giusti tra le nazioni" - decisero di piantare un albero, simbolo della vita e della speranza.

Gli ideatori di questo giardino pensarono che in ogni albero si racchiudesse un racconto che meritava di essere tramandato alle generazioni future.
Con la memoria di quelle storie si mostrava che anche nelle situazioni estreme gli uomini potevano scegliere tra il Bene ed il Male e che la resistenza al Male era possibile anche da parte dei singoli individui. Il destino degli ebrei non era ineluttabile. Non tutto dipendeva dalla sola volontà di Hitler.
Mi piace ora immaginare che i presidenti del parlamento tedesco e del parlamento bulgaro, insieme a tutti i partecipanti a questo nostro incontro, si trasformino oggi in giardinieri e vogliano piantare un albero davanti al Bundestag in ricordo della figura di Dimitar Peshev.
Un uomo come il vicepresidente del parlamento bulgaro nel 1943 è clamorosamente mancato nella Germania di Hitler.
Un albero in suo onore proprio qui a Berlino avrebbe uno straordinario valore simbolico proprio oggi che personaggi politici come Jorg Haider fanno dei discorsi molto ambigui sul passato.

Quale è il racconto che i giovani potrebbero leggere nell'albero di Dimitar Peshev?
Dimitar Peshev è stato l'unico dirigente politico di un paese alleato della Germania durante la seconda guerra mondiale, che sia riuscito a bloccare la deportazione degli ebrei di una nazione intera. Con la sua azione quasi 50 mila ebrei bulgari all'ultimo minuto non partirono per Auschwitz.
Peshev non era un oppositore, ma un uomo ai vertici dello Stato, che usò fino in fondo tutto il suo Potere per fare ciò che nessun politico dell'Asse volle fare.
Peshev agì dall'interno della macchina dello sterminio. [...]


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