Dimitar Peshev

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Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


Corriere della Sera, 19 ottobre 1998


Pubblico & Privato
Quel piccolo grande uomo che riuscì a opporsi all'Olocausto

di Francesco Alberoni


Spesso noi abbiamo l'impressione di non poter far nulla contro forze infinitamente superiori alla nostra. Ci sentiamo impotenti e inutili.
Capita a tutti, in tutti i campi, ai giovani come ai vecchi, alle donne come agli uomini. All'impiegato diligente, onesto, che parla apertamente, ma si scontra con la prepotenza del suo direttore che preferisce circondarsi di gente servile, che dice sempre di sì. Al commerciante che ha investito tutto il suo denaro e il suo ingegno in un negozio e gli aprono, proprio di fianco, un grande ipermercato. Come può resistere, come può reggere la concorrenza? Allo scrittore che ha una grande fantasia, ma che non riesce nemmeno a far leggere uno dei suoi romanzi dagli editori, perché questi pubblicano solo autori già noti. Allo scienziato di genio che, proprio perché di genio, dice cose troppo diverse da quello che credono gli altri e non viene capito, viene guardato con diffidenza.

D'altronde, cosa può fare un individuo isolato di fronte a una grande organizzazione, a una rete consolidata di interessi, a un partito politico? Viene stritolato. E, se protesta e continua a combattere, diventa patetico. In tutti i campi contano le relazioni personali, le amicizie, gli appoggi. Nell'impresa si fa strada chi è amico del direttore del personale o chi conosce il proprietario. Nei concorsi universitari chi è appoggiato da un professore potente o, meglio, da una coalizione di professori
potenti. Negli affari chi ha l'appoggio delle banche, oppure il sostegno di un partito politico che lo facilita nell'ottenere permessi, licenze, contratti.

Tutto questo è vero, eppure sono convinto che noi sottovalutiamo sempre le nostre possibilità, che sottovalutiamo sempre i risultati straordinari che riesce a ottenere un solo individuo quando si batte per una causa in cui crede. E non voglio ricordare gli innumerevoli esempi di persone che, partite da umilissime origini, con coraggio, tenacia e perseveranza sono riuscite ad affermarsi nel proprio campo, ad avere successo. In questi giorni sono venuto a conoscenza di un esempio ancora più significativo. Lo racconta Gabriele Nissim, nel libro "L'uomo che fermò Hitler", Mondadori.

 
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  È il caso di Dimitar Peshev, vicepresidente del Consiglio bulgaro all'epoca della seconda guerra mondiale. Peshev era stato favorevole all'alleanza con Hitler e aveva accettato le leggi razziali contro gli ebrei. Probabilmente non le aveva prese veramente sul serio. Ma, un giorno, i nazisti pretesero che tutti i 48mila ebrei bulgari fossero consegnati loro. Il governo ubbidì. Furono preparati i treni per la deportazione.

Allora Peshev si ribellò. Dichiarò pubblicamente in Parlamento di aver sbagliato, attaccò il governo, mobilitò contro di esso molti deputati. Fu rinnegato dai vecchi compagni, venne espulso, ma ormai aveva risvegliato l'opinione pubblica e costretto il re a fare marcia indietro. L'ordine di deportazione fu ritirato, migliaia di uomini, donne e bambini, già assiepati sui binari, furono rimandati a casa. Si salvarono tutti, assolutamente tutti, caso unico nella storia dell'Olocausto.

Un anno dopo, con l'arrivo dell'esercito russo, i comunisti andarono al potere e gettarono Peshev in carcere. Poi si presero il merito di aver salvato loro gli ebrei e lo sbandierarono al mondo con una massiccia campagna di propaganda. Solo oggi conosciamo la verità. Sappiamo che tutto fu merito di un uomo solo.


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