Dimitar Peshev

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Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


Il Giorno, 24 settembre 1998


Moni Ovadia mette in scena al Franco Parenti un eroe dimenticato
Un'altra "Schindler's List"
Dimitar Peshev, ministro bulgaro, sottrasse 48mila ebrei alle deportazioni. Lo ricorda un libro di Nissim

di Roberto Bonzio

Moni Ovadia

MILANO - "A Dimitar Peshev i miei genitori e mio fratello devono la vita. lo invece gli devo la mia nascita". È nato a Plovdiv (Filippopoli) nel 1946, Moni Ovadia, grande cantore della cultura ebraica. Eppure anche lui prima del libro di Nissim, di Peshev non sapeva quasi nulla.

Lei è addirittura "nato" grazie a Peshev...
"La mia è una famiglia ebrea sefardita, padre di origine grecoturca e alla lontana ispanica, madre ebraicojugoslava. Ma da generazioni avevamo mantenuto una nazionalità italiana e con l'avvento dello stalinismo, mio padre avrebbe dovuto rinunciarvi, o andarsene. Partimmo, arrivando a Milano come profughi.
Sin da bambino sapevo che eravamo stati salvati, a differenza di tanti altri ebrei. Sapevo che si era mosso anche qualcuno dell'apparato governativo, ma null'altro. E i miei erano parchi di informazioni, mia mamma dopo le persecuzioni aveva pure smesso di parlare il tedesco che conosceva benissimo".

Resta un mistero come una comunità dalla memoria così forte, quella ebraica, abbia potuto perdere il ricordo di questo personaggio cui in Bulgaria doveva la sopravvivenza.
"Prima di tutto, quando hai di fronte così tanti morti e tu sei sopravvissuto, pensi a chi se n'è andato. Per di più c'era l'oscura questione degli ebrei bulgari 'esterni', di Tracia e Macedonia, 12mila deportati e assassinati. Questo ha creato molto imbarazzo negli altri, che erano invece sopravvissuti".

Poi ci pensò lo stalinismo a cancellarne la memoria.
"Vero, il regime tentò di prendersi tutti i meriti dell'opposizione antinazista. Ma la Bulgaria ha grandi tradizioni culturali e musicali, magnifici poeti. Purtroppo invece, un intero popolo è stato liquidato con un cliché che altri popoli si meriterebbero di più, quello di ortodossia comunista, con quell'orrendo stereotipo sulla "maggioranza bulgara". Ma una cosa sono i funzionari, un'altra il popolo. E la vicenda di Peshev dimostra che il popolo intero, gli intellettuali, la Chiesa ortodossa furono tutti contro le deportazioni. Il suo fu un gesto importante che ebbe come contesto un popolo tollerante e pacifico, che non conosceva antisemitismo."

E a compiere il gesto coraggioso non fu un antifascista ma un ministro fílonazista.
"È questo che colpisce nella storia di Peshev: tutti s'immaginano che gli eroi siano uomini tutti d'un pezzo. E invece lui, come Schindler o Perlasca, che salvarono migliaia di ebrei, non fu immune da errori. Peshev aveva preso abbagli giganteschi per amor di Stato o di politica, ma al momento giusto lui aveva capito tutto e per ragioni umane disse: "no, non lo permetterò". Quante volte gli intellettuali progressisti, magari i più rumorosi, al momento della verifica non hanno avuto il coraggio di fare una scelta del genere? C'è chi è arrivato a giustificare persino gli orrori dello stalinismo ... "

 
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  E da uomo di teatro, cosa colpisce nella vicenda Peshev?
"Ho pensato a una serata in cui combinare in forma ritmica parti del libro, sino alla salvezza degli ebrei, coniugando narrazione con canti bulgari, dei salvatori, a quelli ebraico sefarditi dei salvati. Una narrazione, perché come in tutti gli accadimenti, questa vicenda ha una dimensione epica. Ecco, quella dimensione del fare artistico che abbiamo spesso accantonato: la narrazione dei popoli, dei loro leader, delle loro classi. Come ha fatto Kusturica, con "Underground". Non ne posso più del cinema minimalista, di certo cinema americano fatto di lotte tra famiglie mafiose... Occorre recuperare la propria storia, i propri eventi. E questo dramma bulgaro, in una prospettiva tragica e liberatoria, forse è anche più efficace di ogni rappresentazione fisica della violenza, che significa sottostare alla realtà, mentre la violenza è trasfigurabile, non si può rappresentare... Insomma, questo è un grande tema. Ci si potrebbe fare un grande film...".


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