Dimitar Peshev

la storia l'appello il libro l'autore home page
 

Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


Il Secolo d'Italia, 29 settembre 1998


Pubblicata una biografia, scritta da Gabriele Nissim, dell'uomo che impedì nel '43 la deportazione di migliaia di ebrei
Peshev, il Perlasca bulgaro
Una bella storia di solidarietà che è rimasta a lungo dimenticata

di Franco Perlasca


FORSE è un destino per quelli che in condizioni difficili o impossibili hanno fatto di tutto, durante la seconda guerra mondiale, per salvare gli ebrei dalla deportazione e dallo sterminio. Un destino in cui era scritto di essere dimenticati, perseguitati; vittime di un mondo che non vuole più sentire parlare di certe cose, per lavarsi la coscienza o per dar spazio e distribuire onori a chi riesce sempre a salire sul carro del vincitore.

Storie come quelle di mio padre, Giorgio Perlasca.

Storie come quelle di Dimitar Peshev, esponente di primo piano della classe politica dirigente bulgara negli anni Trenta, ministro della Giustizia nel 1936, spentosi 25 anni fa, dimenticato da tutti, che aveva contribuito in maniera determinante a salvare gli ebrei di una intera nazione. Da Vice presidente del Parlamento, nel marzo del 1943, aveva impedito, con una iniziativa coraggiosa, che i 48 mila ebrei bulgari venissero deportati, bloccando all'ultimo momento la loro partenza con i treni della morte per Auschwitz.

La vicenda può essere ora conosciuta da un vasto pubblico grazie ad un libro avvincente, scritto con passione e con una ricerca approfondita, da Gabriele Nissim ("L'uomo che fermò Hitler", Mondadori, 328 pagine, 35.000 lire). Nissim, del resto, non è un nome nuovo per chi è un attento lettore di cose ebraiche: nulla di scontato nella sua ricerca della sua verità, nel suo modo di raccontare la storia, aperto a tutti i risultati, senza voler addomesticare i fatti alle ragioni della polemica politica o degli interessi di bottega.

E allora ecco che Gabriele Nissim ci fa scoprire una vicenda bella e tremenda, quella di un "Giusto" del XX secolo non ricordato come tale: la sua memoria è stata a lungo trascurata dagli stessi sopravvissuti.

Come per mio padre, ma come per lui senza troppi crucci, senza sentirsi eroe ma soltanto un uomo con la coscienza. Mio padre a Enrico Deaglio, che lo intervistava, disse: "Lei che avrebbe fatto al mio posto? Vedevo esseri umani trattati come bestie e ho fatto qualcosa per salvarli." Senza retorica...

Dimitar Peshev, che aveva detto "sì" alla alleanza con la Germania ed alle leggi razziali pensando che sarebbero rimaste lettera morta, quando il 7 marzo fu informato di quanto stava avvenendo, mise in gioco se stesso, la propria vita, il proprio futuro, la sua grande autorità. Evitò la deportazione degli ebrei bulgati e fu per questo emarginato all'interno della maggioranza di governo e cadde in disgrazia.

Con l'arrivo dell'Armata Rossa nel settembre del 1944, subì la stessa sorte degli altri esponenti della destra: fu arrestato e processato da una Corte popolare che lo condannò a 15 anni di prigione. Riuscì a scampare alla fucilazione per puro caso ma visse il resto della sua vita dimenticato da tutti, sino alla morte avvenuta il 20 febbraio 1973. Durante una delle lunghe giornate trascorse in solitudine nella casa della sorella, dove aveva dovuto rifugiarsi, perché - come racconta Gabriele Nissim - i comunisti gli avevano sequestrato anche l'appartamento, raccontò alle nipoti di non aver fatto nulla di speciale. Il suo era stato soltanto un gesto umano, normale, che chiunque al suo posto avrebbe potuto e dovuto fare.

 
per acquistare il libro via Internet
per acquistare il volume via Internet, clicca pure qui sopra

  Inutile dire che sul salvataggio degli ebrei bulgari si costruirono fortune politiche e si fece di tutto per farne il fiore all'occhiello del regime comunista. Ma il salvatore degli ebrei era stato un uomo di destra, perseguitato e dimenticato, Dimitar Peshev. Un uomo di destra come mio padre, Giorgio Perlasca. Peshev un uomo di potere, mio padre un uomo solo nella bufera della guerra, un "impostore", che si finse a Budapest console spagnolo. Ognuno fece la sua parte.

Da loro arriva un'altra lezione: essere di destra, aver condiviso onestamente ideali, valori e speranze poi traditi e naufragati miseramente nell'odio e nella violenza, non significava automaticamente dover perseguitare gli ebrei. Anzi. Così come nessuno, che nulla ha fatto e qualcosa poteva fare, può invocare attenuanti.

Peshev e Perlasca stanno lì a dimostrarlo.


torna agli articoli sul libro
 
 << torna indietro
 << pagina iniziale
  back to the book
  layout by KIWI, Milano
copyright © 1998-2003 Gabriele Nissim
privacy & cookie