Il libro   Dimitar Peshev  

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Mentre stavo per concludere il mio libro Ebrei Invisibili, un giorno del 1995 nella biblioteca di Yad Vashem - il museo dell'Olocausto di Gerusalemme - incontrai un distinto signore bulgaro, il quale mi disse che se era ancora in vita lo doveva a un certo signore di nome Dimitar Peshev.
La Bulgaria era l'unico paese dell'est europeo dove gli ebrei si erano salvati, al pari della Danimarca; ma sulla dinamica di quel salvataggio circolavano molte menzogne.
Incuriosito, mi misi sulle tracce di quel personaggio, che era stato ministro della giustizia nel 1936 e poi vicepresidente del parlamento bulgaro dal 1939 al 1943. Di lui, in occidente, non si sapeva nulla.

 
Vassilka Damianova Vassilka
Damianova
  A SOFIA TROVAI LE SUE NIPOTI, le quali mi raccontarono di questo zio, vissuto con loro per venticinque anni dopo essere miracolosamente sfuggito alla condanna a morte nel 1945, quando il nuovo regime comunista aveva organizzato i terribili processi contro i deputati del vecchio parlamento bulgaro.
Lo zio aveva evitato per anni di parlare del suo passato politico (per evitare loro conseguenze spiacevoli con i comunisti), ma intorno al 1968 aveva ricevuto la visita di una funzionaria del partito di nome Vassilka Damianova, che lo invitò a scrivere le sue memorie da custodire negli archivi centrali di Sofia.
Peshev sapeva benissimo che tali memorie non sarebbero mai state lette da nessuno, vivendo nel paese più stalinista dell'Europa orientale, ma decise ugualmente, a pochi anni dalla morte (avvenuta nel 1972), di approfittare di questa insperata occasione per lasciare una traccia della sua vita.

 
Dimitar Peshev   MI MISI ALLORA ALLA RICERCA dell'archivista, la rintracciai a Sofia e riuscii a farmi consegnare tutti gli appunti di Peshev in suo possesso: mi raccontò la storia di quel personaggio del vecchio regime di cui lei stessa non conosceva nulla prima di incontrarlo a casa sua e da cui era rimasta affascinata.
Le nipoti, a loro volta, mi consegnarono quella parte delle memorie che prudentemente non erano state affidate all'archivista (dato che riguardavano il periodo del regime comunista e in particolare il processo a cui fu sottoposto Peshev nel '44, dopo l'arrivo dell'Armata Rossa).
Rimasi colpito da quelle testimonianze e cominciai, con l'aiuto di due storici bulgari, il mio lungo peregrinare negli archivi del ministero degli interni a Sofia. Tutto era molto difficile perché la Bulgaria era ancora governata dagli ex comunisti, i quali non avevano nessun interesse a far conoscere i loro misfatti.
Cercai anche di rintracciare, in una spola continua tra Israele (dove la maggior parte degli ebrei era emigrata), Bulgaria e Stati Uniti, tutte le persone ancora in vita che avevano conosciuto personalmente Peshev. È stata una vera e propria lotta contro il tempo, perché la maggioranza di loro ha più di ottant'anni e purtroppo molti dei suoi amici erano scomparsi da qualche anno.

 
la copertina del libro
  IN QUESTO MODO iniziai la stesura del libro su Dimitar Peshev. Scoprii che la sua vita si sarebbe potuta definire "una favola moderna". Una favola che sarebbe molto piaciuta alla filosofa Hanna Arendt, che durante il processo Eichmann si era posta il famoso interrogativo sulla "banalità del male": se era possibile, per uomini filonazisti immersi completamente in quell'ambiente, riuscire a pensare per proprio conto e prendere quindi delle decisioni autonome, diverse, in grado di indirizzare la storia in un altro modo. Peshev ci era riuscito.
Ho ripercorso allora esattamente la storia della sua vita: il valore di questa vicenda è racchiuso nella sua ricostruzione fedele.

 
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la posta dei lettori
  LA STORIA DI PESHEV per tutti questi anni è stata tenuta nascosta dal partito comunista bulgaro, che mirava a dimostrare di essere stato il vero protagonista, con la sua azione politica, del salvataggio degli ebrei. Questa mistificazione è stata pesantemente appoggiata dagli stessi ebrei comunisti rimasti in Bulgaria, che a Sofia non si sono mai ricordati di Peshev ed hanno avallato la versione data dal regime.
Soltanto ora, dopo anni di silenzio, Sofia si ricorda di Peshev. Il mio libro su di lui, che si intitola L'uomo che fermò Hitler, è uscito nel settembre '98.


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