Dimitar Peshev

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Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


Corriere della Sera, 7 novembre 1998


Sofia onora l'italiano che ha "scoperto" il bulgaro salvatore di 48 mila ebrei
Lo studioso Gabriele Nissim ha ricostruito la storia di Dimitar Peshev: nel '43 sfidò Hitler, poi il carcere comunista lo spinse nell'oblio

di Antonio Ferrari


[DAL NOSTRO INVIATO] SOFIA - È stato un bel giorno per la Bulgaria che vuole una stella europea, per i cultori della verità e per tutti coloro che credono che l'atto di coraggio di un uomo possa cambiare il corso della storia. Ma il Parlamento di Sofia, che con decenni di ritardo ha onorato Dimitar Peshev, il vicepresidente dell'Assemblea filonazista che nel '43 riuscÏ a evitare la deportazione di 48 mila ebrei bulgari, ha scoperto il suo rimosso tesoro grazie a un italiano.

Si deve infatti a uno scrupoloso saggista, Gabriele Nissim, il recupero delle prove di un vergognoso "assassinio della memoria". Dimitar Peshev pagò il suo gesto, davvero unico in tutta l'Europa che tremava davanti a Hitler, prima con l'emarginazione voluta dai filo-nazisti, poi con la condanna a 15 anni di carcere decisa dal regime comunista che voleva attribuirsi il merito di aver salvato gli ebrei dallo sterminio, e che era infastidito dalla presenza di quel politico, bandiera di un pericoloso individualismo.

Per anni la storia di Peshev, che ammirava Hitler e che nella vita godeva dei piaceri assicurati a un borghese, è rimasta davvero un segreto per tutti, benché da Israele giungessero i ringraziamenti degli ebrei che erano stati salvati.

Nissim, che ha seguito le tracce di quell'eroe borghese, morto nell'oblio ma con la convinzione d'aver evitato un'onta al suo Paese, venerdì è diventato Cavaliere di Madara, la più alta onorificenza bulgara per meriti culturali. A lui, autore del libro "L'uomo che fermò Hitler" (Mondadori), che verrà tradotto a Sofia a spese del Parlamento, è toccato l'onore di celebrare il bulgaro che neppure i bulgari conoscevano. Lo ha fatto davanti a deputati commossi, al presidente della Knesset israeliana Dan Tihon, al vicepresidente della Camera italiana Pierluigi Petrini e a due testimoni politici del nostro Paese: uno della maggioranza, Nando Dalla Chiesa, e uno dell'opposizione, Dario Rivolta. Un limpido esempio di corretta pratica democratica, nobilitato da interventi di alto contenuto morale.

 
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  È curioso notare che i più sorpresi, venerdì mattina, erano proprio i bulgari. Fino a poche ore prima, infatti, la lezione di Peshev era stata vissuta quasi con indifferenza, come se l'anestetico comunista avesse ancora effetto. Eppure l'ex Paese satellite dell'Urss avrebbe più di un motivo per osannare la riscoperta di uno dei suoi figli migliori. Per anni, e quasi sempre a torto, bulgaro è stato (nell'immaginario popolare europeo lo è ancora) sinonimo di servilismo, di acquiescenza, di ottusità, di grigiore: difetti esaltati dalla cieca obbedienza alla volontà del Cremlino. "Bulgaro", in Italia come in Grecia, rasenta l'insulto. Ma troppi dimenticano che, proprio negli anni più bui della dittatura comunista, la figlia del dittatore Zivkov, Ludmila, si batté con coraggio per attenuare la violenza del regime, proteggendo gli intellettuali perseguitati. E anche la famosa pista bulgara, seguita nelle indagini sull'attentato al Papa, ha acquisito i connotati di un'ambigua montatura.

"Il nostro obiettivo, che vogliamo a tutti i costi, è l'ingresso nell'Unione Europea - dice Nadejda Mihailova, ministro degli Esteri -. La riscoperta di Peshev dimostra che con gli europei condividiamo non soltanto gli interessi, ma soprattutto i valori. Poco meno di due anni fa questo Paese era sull'orlo della guerra civile, oggi siamo sulla buona strada. Ed è giusto che lo spirito di tolleranza, patrimonio della nostra storia, venga riconosciuto. Dopo gli anni bui del comunismo, ci sentiamo pienamente europei, pronti ad affrontare la sfida. Lo crediamo noi e lo crede il nostro popolo". Dal cimitero degli eroi, Dimitar Peshev ringrazia.


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