Dimitar Peshev

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Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


Messaggero Veneto, 16 settembre 1998


Un libro sull'uomo che si oppose agli ordini di Hitler
Il ministro bulgaro che salvò 48 mila ebrei

di Ottone Brac


Schindler è stato portato sullo schermo da Spielberg. Perlasca lo si è conosciuto quando gli israeliani hanno deciso di premiarlo pubblicamente per quanto è riuscito a fare in difesa degli ebrei, mentre imperversava la tempesta della seconda guerra mondiale. Ma dì esempi come questi fortunatamente ce ne sono stati anche altri, che non sono finiti per tempo sotto i riflettori della notorietà, ma il cui valore rifulge indipendentemente dalle fotografie, dagli articoli e dai film loro dedicati.

Uno di questi è stato il bulgaro Dimitar Pesev, al quale giovedì prossimo l'attore ebreo Moni Ovadia dedicherà uno spettacolo a Milano, mentre il 16 ottobre, nell'anniversario della deportazione degli ebrei da Roma, sarà ricordato ufficialmente dal Parlamento italiano; il 17 novembre il medesimo onore gli sarà riservato dal Parlamento europeo. Su Internet, inoltre, è stato realizzato un sito dedicato soltanto a lui con l'obiettivo di spezzare il silenzio che è sceso sulla sua vita.

Dimitar Pesev ha contribuito a salvare gli ebrei di una nazione intera ed è morto 25 anni fa dimenticato da tutti. Nel 1943, infatti, impedì in prima persona che i 48 mila ebrei bulgari finissero ad Auschwitz. Ministro nel governo bulgaro di allora, Pesev inizialmente si era lasciato tentare, come molti della sua generazione, dal totalitarismo caldeggiando l'alleanza tra Bulgaria e Germania nazista. Votò persino a favore delle leggi razziali senza pensare alle conseguenze drammatiche. Poi, una domenica, come racconta Nissim, un suo vecchio amico ebreo, Jako Baruch, gli fece visita implorandolo d'intervenire per fermare la deportazione dei suoi correligionari decisa dal governo d'accordo con i tedeschi.

 
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  Era il 7 marzo 1943 e Pesev non perse tempo, facendo l'unica cosa che un uomo giusto potesse fase: impedire che il suo onore di uomo, e quello della sua azione, fosse macchiato. Come l'italiano Perlasca in Ungheria, decise che non poteva stare a guardare: assieme ad altri deputati si precipitò in Parlamento e piombò nell'ufficio del ministro degli interni Petar Gabrovski, costringendolo a revocare l'ordine, già inviato, della deportazione. Poi telefonò personalmente a tutti i prefetti per verificare che il contrordine fosse realmente rispettato. Non solo, ma stese anche una lettera di protesta, firmata da 42 deputati, per chiedere al re Boris III di non proseguire in un crimine così orrendo. Di fronte a un Parlamento che tentava di screditarlo e d'infangarlo, Pesev resistette e vinse. Il re fece marcia indietro e tutto il Paese insorse contro I' infame progetto. Hitler aveva perso: 48.000 persone sarebbero vissute.

Il regime comunista seguìto alla fine della guerra perseguì Pesev per aver denunciato il comportamento dei partigiani decisi a consegnare il paese ai russi. Su Pesev, dopo il carcere, scesero il silenzio e l'oblio. È ora, rivendica Nissim con il suo libro, che il nome di Pesev sia posto tra i giusti che si sono opposti all'Olocausto.


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