Dimitar Peshev

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Articoli sul libro "L'uomo che fermò Hitler"


la Repubblica, 8 settembre 1998


Opporsi agli ordini non era impossibile
E in Italia, si poteva fare qualcosa di più?

di Furio Colombo


Questo libro porta un messaggio. Esiste un eroe di cui non sapevamo nulla, un eroe da teatro, mondano, ambizioso, potente, capace di un clamoroso colpo di scena. Un fascista salva gli ebrei, tutti gli ebrei del suo paese. Agisce come l'uomo sul cavallo bianco nel finale delle commedie di Brecht. Ma lo fa in tempo reale, mentre la gente muore davvero. Non lo fa da ribelle, non agisce attraverso un complotto. Si muove nel pieno del suo potere. Come dire che il potere non è un alibi, non è la costrizione a guardare e a subire, come vogliono farci credere gli ex re d'Italia.
Quest'uomo, Dimitar Peshev, nel 1944 è vicepresidente del Parlamento fascistizzato, di una Bulgaria succube di Germania e Italia, e altrettanto priva di scrupoli nelle sue leggi liberticide.

Come in Italia, c'è un re fantoccio, senza morale, senza princìpi, Boris III, che ha già firmato leggi razziali feroci come quelle firmate dal re d'Italia.

Ma in Bulgaria si divertono a mantenere in vita il gioco del Parlamento, forse per soddisfare il narcisismo di uomini spensierati e potenti come Peshev, che divide la sua giornata fra la presidenza della Camera e i night club. Da tempo la donna più bella di Sofia lo accompagna nelle sue serate, con aristocratici, ufficiali nazisti, cortigiani dell'epoca.

Tutti immaginano quest' uomo capace solo di amare se stesso, le donne, le notti, il potere.

 
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  È vero, ma quando sul suo banco di presidente gli giunge il fascicolo delle leggi razziali, il vicepresidente Peshev non gradisce lo scherzo. Chi è questo pazzo che deturpa l'immagine del nostro paese? Chiede ad alta voce. Non è un pazzo, gli dicono. È il re, è il primo ministro, è il ministro dell'Interno, sono gli ordini nazisti. I vagoni piombati sono già pronti nella stazione centrale. Basta un voto pro-forma, e una firma svolazzante in calce al testo delle leggi e poi via al night-club, mentre comincia la razzia degli ebrei casa per casa, famiglia per famiglia.

La razzia non comincia. Non in Bulgaria. Quella notte Peshev non va al night-club. Va, con quarantadue deputati, dal ministro dell'Interno, gli getta sul tavolo la legge stracciata. Ha potere e lo usa. Quei treni, dalla Bulgaria non partono. Non partiranno mai. È l'unico paese in Europa in cui quei treni non hanno mai portato tragici carichi umani. Oggi, con il libro di Nissim, la memoria di Peshev ritorna per svergognare il mondo del silenzio. Di coloro che ci hanno detto e hanno continuato a ripetere che si doveva fare per forza.


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